venerdì, gennaio 08, 2016

Colonia, capodanno 2016. Comincia l'anno ufficiale del "maschio fluido".

Colonia, capodanno 2016.
Un migliaio di stranieri ha aggredito, picchiato e abusato di decine di donne. E gli uomini? Non c'erano altri uomini, in piazza a capodanno? Non c'erano i figli, i fratelli, i padri di quelle donne così vigliaccamente umiliate? Dove erano i Tedeschi, quella sera?
Cosa vorrebbero farci credere, le femministe tedesche che protestano il giorno dopo? Che ci vuole più polizia? Pene più severe? Corsi di judo a scuola per tutte le signorine? E quanta polizia, quante celle, quanti corsi di judo ci vogliono per tenere a freno migliaia di selvaggi che non hanno niente da perdere, niente da sperare, tutto da rinfacciare, che si trastullano al sole di ogni strada, di ogni piazza, aspettando qualcosa su cui sfogarsi?
Le armi sono un'illusione, così come i rimedi di polizia. Serve la "comunità", e in piazza a Colonia, a capodanno 2016, la comunità non c'era.
Senza comunità siamo tutti esposti, in ogni momento, all'isolamento e alla violenza. E i Tedeschi di Colonia non lo sono più, una comunità, da chissà quanto tempo.
Ai tempi in cui una mano morta faceva scattare le risse sui tram, ai tempi dei cavalieri sconosciuti che difendevano senza interesse donne altrettanto sconosciute dalle "mancanze di rispetto" del villanzone di turno, ai tempi in cui una donna importunata poteva chiamare a sé un'intera strada per farsi difendere, avremmo potuto gestire anche la convivenza con qualche migliaio di selvaggi. Li avremmo fatti cittadini, con le buone e con le cattive, e sarebbero diventati Italiani.
Oggi, non possiamo permetterci questo lusso. Siamo talmente fragili, pavidi, sedentari, che basta un gruppo di disgraziati a mandare in tilt la nostra idea di società. Se scoppiasse una guerra, non oso immaginare a quale abisso di turpitudini potremmo assistere.
Gli uomini, intesi come maschi, fanno bene poche cose. Una di quelle poche è difendere fino all'ultimo sangue ciò a cui tengono. Non è possesso, non è dominio sull'altro sesso. E' un'attitudine naturale, quanto l'istinto di protezione delle donne.
Uomini di Colonia (e tutti gli altri come quelli), rimiratevi allo specchio e guardate: quella che vedete riflessa, la sagoma di quei muscoli che andate allenando con lo sport, è tutta immondizia. Vergognatevi.

domenica, ottobre 26, 2014

Cento colpi e non sentirli.

Ho come l'impressione che i miei consimili, e temo io con essi, stiano acquisendo negli anni una speciale, inedita, abilità nell'apprezzare, gestire e implementare le cose della vita che fanno stare bene. E che allo stesso momento stiano dimenticando quelle altre.
Sappiamo tutti che questo renderà il mondo più brutto di quello che già è, ma, poiché ognuno spera di non essere lui a cadere (e naturalmente rivendica l'evanescente diritto a sperarlo), nessuno intende mostrarsi così vigliacco da scendere dalla giostra. Siamo letteralmente intossicati e dipendenti dall'euforia narcisistica dell'avvenire, alla quale sacrifichiamo tutto ciò che abbiamo, e della quale ci rifiutiamo di vedere l'effetto sulla vita umana, quando incontra i veri tabù della società in cui viviamo: la malattia, la vecchiaia, infine la morte.

E' una roulette russa, c'è chi scommette e chi stramazza al suolo col cranio a pezzi, il colpo finale è coperto dal fragore della riffa, e si riprende, ogni volta, come se non fosse successo niente.

mercoledì, settembre 10, 2014

Free Cannabis, Freak an Abiss.

Quando la sinistra si allontana dal socialismo, che è un'ideologia di carne e sangue, per consegnarsi agli intellettualismi della scuola di Francoforte, evapora. Su droga e politica (e politica della droga), per esempio, dalle interviste ai tossici del parco Lambro (1976) ad oggi, la consistenza del pensiero progressista è completamente svanita, e alla fine hanno vinto quelli sbagliati: non quelli "l'eroina è la droga dei padroni", ma quelli "il tossico è uno che soffre, quindi una vittima".
Il sottile salto logico sofferenza=ingiustizia ha prevalso sulla critica reale, per evolversi, ad oggi, declinato in mille modi, fino all'attuale "ideologia di genere", fino alla santificazione di qualunque disagio, anche personalissimo, intimissimo, soggettivo e fino alla creazione, in sostanza, di un modello completamente individualista e antisociale.
Eccoli, i nostri sogni, in quel video-intervista ai tossicodipendenti degli anni 70, impregnati -ancora per pochi anni- più di impegno politico che di psicotropi; eccoli i nostri ideali di giustizia sociale che vanno in frantumi, dal tossico cittadino al cittadino tossico, e poi più giù, fino alla spazzatura umana.

Avremmo dovuto pestare a sangue i nostri figli che si facevano di eroina nelle periferie, almeno noi che avevamo ancora una coscienza sociale, almeno noi che credevamo ancora nella forza della dignità e temevamo ancor più la vertigine della sottomissione. Dovevamo riportarli con la forza della violenza più gretta al rispetto di sé stessi, della propria libertà e delle regole comuni, legarli al letto fino a disintossicarli uno ad uno. Gli avremmo fatto male, ma nessuno di loro ci avrebbe biasimato. A nessuna persona piace vivere nelle proprie deiezioni, perdere il lavoro, la casa, gli affetti, perdere l'uso dei propri organi uno dopo l'altro, perdere la speranza.
E invece no, ci siamo fatti ammaliare dal brivido del salto, dal feticcio della sofferenza (tipico di chi nella vita ha sofferto poco), dal simulacro para-cristiano e para-socialista della vittima: lo stronzo.

E infatti, siamo finiti proprio lì, in mezzo.

domenica, giugno 15, 2014

Esodati.

Che brutta fine ha fatto il pensiero progressista: dal panegirico della follia alle prediche di Micromega, dalla difesa di Erostrato alla condanna di Signorini.
Passare la gioventù a incendiare gli animi e la vecchiaia a inveire contro gli schiamazzi notturni è la peggiore condanna che un uomo di carattere possa vedersi imposta.

martedì, marzo 18, 2014

Il presidentesso.

Ucraina e Crimea, ovvero: come conquistare una base militare anche a costo del conflitto termonucleare.

E' incredibile quanto, una classe dirigente per sua natura votata alla pace e ai diritti (è femminile, è premio nobel, è gay-friendly), possa essere efficiente nel condurci verso la più totale e irredimibile negazione di entrambe le cose.

sabato, marzo 01, 2014

Non siamo mica gli americani.

Ho fatto un'invenzione: ho inventato un sistema per far risparmiare un sacco di soldi.
Avete presente l'esportazione della democrazia? Ecco: esternalizziamola. Non siamo più noi a esportarla a spese nostre; sono loro stessi che se la importano e se la applicano. Ma avete idea di quanti soldi si risparmiano?
Via, siamo sinceri: la democrazia, se pure trasportata in loco, non si instaura mica da sola. Spesso, servono le maniere forti. E questo costa molto: allo Stato e soprattutto ai nostri poveri ragazzi mandati laggiù in quell'inferno. Oh, ragazzi! Se spari rischi di essere sparato a tua volta. E allora ci vuole una barella, un'ambulanza, dei medici, degli infermieri, un ospedale, persino un cappellano a volte. Credete che questo denaro non pesi sulle tasche dei poveri cittadini degli stati evoluti?
E allora via, cerchiamo di non essere attaccati ai vecchi stereotipi: noi gli forniamo gli strumenti, costi e logistica se li accollano loro.

E ora: fuori il mio Nobel.

venerdì, febbraio 07, 2014

Guardingo con brio.

E' significativa la sicurezza con cui l'Occidente si ritenga ancora il centro del mondo: secoli di fideistica disciplina ci hanno resi dei disadattati globali.
Ed è persino commuovente quanto i nostri governi, con il carrozzone d'ordinanza di mondialismo interessato, terzomondismo peloso e moralismo postmoderno, pretendano insegnare a questo e a quell'altro giovane gigante che si affaccia sulla scena postatomica della fine del colonialismo classico cosa è opportuno non solo in politica estera, ma persino nella gestione delle proprie risorse economiche e culturali. Sembrano non essersi accorti, a suo tempo, che l'istituzione beneaugurante della Fao e dell'Unesco era dovuta ad altre condizioni storiche, ad altri rapporti di forza, oramai estinti.
Sembrano non essersi accorti che il resto del mondo, in questo mezzo secolo, anche se in un cantuccio, ha vissuto quanto e più di noi.
L'Occidente interviene sul proscenio internazionale facendosi precedere da una legione di esperti diplomatici, padroni del vapore come gli scribi di un impero all'apice della sua grandezza, e non si accorge di aver già perduto ogni potere sui suoi sudditi. I quali, oggigiorno, nella loro pure acerba, brutale volontà di potenza si sono dotati già di pensatori, industriali, masse infinite di manodopera e risorse preziose come il pane. I quali, certamente, sono portati per mano, al galà delle nazioni unite, dalla sicurezza del corpo giovane, delle loro società civili in bollente trasformazione.

Tutto ciò che l'Occidente possa dire e fare ai loro occhi è sospetto come la presenza di un estraneo che si aggira, di notte, nel vostro giardino. Se quell'estraneo, mentre voi chiamate la polizia o cercate il vostro fucile, nascosto tra le fronde, prende a gridarvi quanto è bella la comprensione e la collaborazione, pur condividendo in astratto le sue parole, scendereste ad aprirgli la porta?